direttiva case green

Direttiva “Case Green”: arriva l’approvazione dal Parlamento Europeo

Arriva dal Parlamento Europeo il via libera alla Direttiva Ue sulle «case green» per il miglioramento delle performance energetiche.

Da metà marzo, infatti, è entrato in vigore per tutti i Paesi UE l’obbligo di adeguare i propri immobili affinché diventino a emissione zero entro il 2050, con alcuni step intermedi che prevedono il raggiungimento della classe energetica E entro il 2030 e della D entro il 2033.

Immobili a emissione zero, gli interventi previsti dalla normativa

Per raggiungere l’ambizioso obiettivo di “emissione zero”, ogni abitazione dovrà essere dotata di infissi a doppio vetro, di caldaie a condensazione e di termosifoni con valvole termostatiche. Inoltre, tutti gli edifici dovranno essere equipaggiati di cappotto termico e di dispositivi per utilizzare fonti energetiche rinnovabili.

Le conseguenze del mancato rispetto dei suddetti termini sono ancora da confermare, anche se l’ipotesi più probabile sembrerebbe quella di vietare la vendita o l’affitto delle case senza bollino verde o comunque di farlo con un importante deprezzamento.

Case green: quali proroghe

Secondo la Direttiva, sono previste per ciascun Paese ipotesi di deroga, come la possibilità di esentare alcuni immobili quali edifici storici o dal particolare valore architettonico, immobili collocati in aree vincolate o protette, strutture considerate temporanee o, ancora, luoghi di culto.

In tal senso, il margine di applicazione della Direttiva è ampio: saranno infatti i singoli Stati membri a redigere un piano nazionale di ristrutturazione definendo sia le eventuali esenzioni dalla norma, sia le misure e gli incentivi previsti per raggiungere gli obiettivi. Inoltre, il singolo Stato membro potrà adeguare i propri target in base all’effettiva disponibilità di manodopera e alla fattibilità tecnica ed economica dei lavori di ristrutturazione.

Il caso italiano

Tale Direttiva interessa in particolar modo il nostro Paese.

Secondo i dati Enea, infatti, circa ì 3/4 degli immobili residenziali presenti sul territorio nazionale appartengono alle 3 classi energetiche più basse, e di questi quasi tutti sono in classe G (la peggiore).

A differenza, poi, di altri Paesi europei – dove il patrimonio immobiliare è per lo più in mano a pochi grandi proprietari – in Italia la proprietà degli immobili è frazionata tra tantissimi soggetti, rendendo ancora più complicato l’inizio dei lavori di efficientamento.

Infine, si sa, l’Italia è ricca di edifici storici e operare su questi ultimi con interventi di efficientamento energetico si combinerebbe male con la salvaguardia dell’elemento storico.

In poche parole, affinché la Direttiva Europea sia concretamente applicabile, risulta sempre più urgente una politica di incentivazione fiscale adeguata, in grado di agevolare il processo e di implementare soluzioni integrate per ogni edificio.

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