L’isola di plastica: il Great Pacific Garbage Patch

Immaginatevi su una grande isola dell’Oceano Pacifico, impegnati a godervi il sole con un mojito in mano. Un’isola grande quanto la Spagna. Un’intera isola fatta di plastica.

È così che rischiamo di trascorrere le nostre vacanze, nel futuro. Altro che atolli idilliaci.

Il Great Pacific Garbage Patch – conosciuto come Isola di Plastica – sta crescendo così in fretta da diventare visibile dallo spazio. Potrebbe diventare solo una delle gigantesche discariche a cielo aperto creatasi dalla convergenza di rifiuti (per lo più plastici), provenienti da tutto il mondo.

Great Pacific Garbage Patch, cos’è

Il Great Pacific Garbage Patch è noto anche come Pacific Trash Vortex. Si tratta di un enorme accumulo di spazzatura galleggiante situato nell’Oceano Pacifico, composto per lo più di plastica.

Si stima che si trovi tra il 135° e il 155° meridiano Ovest, e fra il 35° e il 42° parallelo nord. La sua estensione oscilla tra i 700.000 km² fino a più di 10 milioni di km², un’isola grande quanto la Penisola Iberica.

L’isola di plastica, le prime ricerche

L’esistenza della “Grande Chiazza” di immondizia del Pacifico fu preconizzata in un documento pubblicato nel 1988 dalla National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA) degli Stati Uniti, sulla base dai dati ottenuti da diverse ricerche in Alaska, volte a misurare le aggregazioni dei materiali plastici nel nord dell’Oceano Pacifico.

Garbage Patch, le cause

Tra le principali cause del Garbage Patch ci sono i container delle navi cargo, rovesciati dalle correnti oceaniche. Anche il maremoto che ha colpito la costa orientale giapponese nel 2011 ha provocato un enorme afflusso di detriti nell’oceano: i rifiuti spinti dalle correnti si sono dispersi nell’Oceano Pacifico, arrivando fino alla costa americana. Anche i rifiuti dispersi dall’uomo – sottratti al riciclo, affidati alle discariche e poi finiti in mare – rappresentano un problema enorme, che ancora oggi la nostra società non è in grado di gestire.

Una bomba ad orologeria

Secondo l’UNEP (Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente) il Great Pacific Garbage Patch sta crescendo così in fretta da diventare visibile dallo spazio. L’esponenziale aumento dell’isola di plastica non è tuttavia collegato solo alle microplastiche (pericolose per il regno animale ma anche per l’uomo): la presenza dei rifiuti di grande formato, infatti, è stato fino ad oggi sottostimato.

“La maggior parte dei detriti era di grandi dimensioni. Si tratta di una bomba ad orologeria perché tutti questi grandi oggetti si trasformeranno in microdetriti nelle prossime decadi se non agiamo” afferma Boyan Slat, il fondatore di Ocean Cleanup.

La soluzione di Boyan Slat

La missione di Ocean Cleanup è ripulire l’oceano a costo zero, grazie a un sistema meccanico alimentato con la luce solare, l’energia delle correnti marine e tramite il riciclo a terra dei materiali raccolti.

Ma non basta “pulire”. Come afferma Slat “Dobbiamo pulire, ma anche prevenire che la plastica entri negli oceani. Meglio riciclare, meglio usare questi materiali in creazioni di design e regolamentare questi rifiuti. Abbiamo bisogno di combinare queste soluzioni”.

Credit photo: everyeye.it

Fonte: green.it

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