In estate, si sa, le finestre si aprono e le terrazze si riempiono. Si organizzano feste in giardino e cene sul balcone con gli amici, e si resta fino a tardi a chiacchierare e ascoltare musica, godendo finalmente della piacevole frescura. Quando arriva l’ora di andare a letto, però, la poesia estiva sparisce e i vicini tiratardi iniziano all’improvviso a darci sui nervi. E visto che di chiudere le finestre non se ne parla, perché in casa fa troppo caldo, e di dormire nemmeno, perché c’è troppo rumore, pensieri poco ortodossi iniziano a farsi largo nella nostra mente, e la tentazione di rivolgersi all’amministratore in cerca di “giustizia” si fa ogni minuto più forte. Ma come sapere se esistono i presupposti per un reclamo o, nei casi più estremi, per una vera e propria azione legale?
Per rispondere a questa domanda, è utile sapere che il reato di “disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone” si configura nel caso in cui i rumori provenienti da abitazioni, cortili o terrazze siano ripetuti. Ciò premesso, secondo la Corte di Cassazione (sentenza 18521 del 2 maggio 2018) non è necessario che he il rumore abbia compromesso la quiete di un numero rilevante di persone, né che l’area interessata dalle immissioni sonore sia molto vasta. È sufficiente, infatti, che i rumori di disturbo interessino una ristretta ma definita cerchia di persone, come quelle che vivono all’interno di un condominio.
E nel caso la fonte di disturbo arrivasse da un bar o un appartamento in affitto? Chi dovrebbe risponderne? Il proprietario o l’inquilino?
Rumori in condominio: chi è il responsabile in caso di affitto?
Non è compito del proprietario impedire all’inquilino di “far rumore” in casa. Allo stesso modo, non dovrà essere lui a rispondere dei danni provocati, a meno che non potesse prevederli alla stipula del contratto.
Questo è quanto espresso dalla Corte di Cassazione con la sentenza 4908/2018, sulla base di un ricorso presentato da un locatore contro la sentenza che lo aveva condannato a pagare un sostanzioso risarcimento a causa del rumore proveniente dal bar gestito dall’inquilino.
La Cassazione ha infatti ben chiarito che la responsabilità del locatore può essere invocata solo quando «il medesimo abbia concorso alla realizzazione del fatto dannoso, e non già per avere omesso di rivolgere al conduttore una formale diffida ad adottare gli interventi necessari a impedire pregiudizi a carico di terzi». La Corte afferma inoltre che: «Il proprietario di un immobile concesso in locazione non risponde dei danni provocati dal conduttore in conseguenza di immissioni sonore intollerabili, a meno che non si accerti in concreto che, al momento della stipula del contratto di locazione, il proprietario avrebbe potuto prefigurarsi, impiegando la diligenza di cui all’art. 1176 c.c., che il conduttore avrebbe certamente recato danni a terzi con la propria attività».
Un grattacapo in meno per il proprietario, insomma. Almeno per questa volta.