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Inquilino fastidioso: è possibile sfrattarlo?

Non è insolito per i proprietari di un appartamento in affitto trovarsi ad avere a che fare con inquilini che, per diversi motivi, possono risultare sgradevoli. In tal caso è possibile ricorrere allo sfratto?

La risposta è sì, ma prestando attenzione alla clausola risolutiva del contratto di locazione, la quale dovrà sia rispettare le tempistiche, sia indicare le obbligazioni violate previste per legge.

Inquilini fastidiosi: cosa dice la legge

Lo sa bene il proprietario di un locale a uso non abitativo presente all’interno di un edificio condominiale che, lamentandosi delle pessime condizioni igienico-sanitarie e degli sgradevoli odori causati da suo inquilino regolarmente in affitto, intendeva procedere verso quest’ultimo con lo sfratto per finita locazione.

Con la sentenza n. 2973 del 23 febbraio 2023, il Tribunale di Firenze ha respinto tale intimazione.

Sfratto in condominio negato: la decisione del Tribunale

Quali sono state le ragioni che hanno portato il Tribunale a questa decisione?

In primis la disdetta inviata è stata considerata tardiva perché comunicata a soli sei mesi dalla fine del contratto e non a dodici mesi, come previsto dall’art. 28 della legge n. 392/78; di conseguenza, il contratto era da intendersi tacitamente rinnovato per ulteriori sei anni.

La disdetta non sarebbe stata comunque valida perché inviata senza aver specificamente indicato i motivi previsti dall’art. 29 della legge sull’equo canone, essendosi il proprietario limitato a comunicare la propria volontà di far cessare il contratto.

La legge, infatti, sancisce che, per la disdetta della locazione alla prima scadenza, ci sia l’obbligo per il proprietario di specificare le ragioni che legittimano la richiesta scegliendole tra quelle messe a disposizione dalla normativa, come ad esempio la necessità di adibire l’immobile ad abitazione propria o del coniuge, oppure di doverlo demolire per la ricostruzione.

A nulla sono servite le dichiarazioni del proprietario, secondo il quale, sin dall’inizio della locazione, erano pervenute lamentele da parte dei condòmini dell’edificio circa le pessime condizioni igienico-sanitarie in cui l’appartamento versava e dal quale provenivano sgradevoli odori di muffa e di rifiuti, tanto che l’amministratore aveva sollecitato la pulizia del locale.

Sfratto in condominio: conclusioni

Il Tribunale ha stabilito che il contratto di locazione doveva intendersi tacitamente rinnovato e nulla ha potuto fare il proprietario con il suo ricorso. La sentenza del giudice è impeccabile e si pone nel solco della giurisprudenza maggioritaria.

È quindi fondamentale, in caso di sfratto in condominio, tenere ben presente questi due aspetti:

1) la disdetta della locazione alla prima scadenza: occorre specificare le ragioni che legittimano la richiesta, scegliendo tra quelle messe a disposizione dalla normativa.

2) il difetto di specificità della clausola risolutiva espressa: solo pochi mesi prima il Tribunale di Perugia, con l’ordinanza del 22 dicembre 2022, richiamando il pacifico orientamento della giurisprudenza di legittimità (Cass., 12/12/2019, n. 32681), aveva stabilito che per la configurabilità della clausola risolutiva espressa le parti devono aver previsto la risoluzione di diritto del contratto per effetto dell’inadempimento di una o più obbligazioni specificamente determinate, costituendo una clausola di stile quella redatta con generico riferimento alla violazione di tutte le obbligazioni contenute nel contratto.

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